venerdì 10 settembre 2010

Storia di una cosa 2. LA TOMBA DI DANTE


La Tomba di Dante è un monumento funebre eretto nel centro di Ravenna, città nella quale il "Divin Poeta" visse gli ultimi anni della propria esistenza, morendovi nel 1321.

Descrizione

Costruita nel biennio 1780-81 dall' architetto Camillo Morigia su commissione del cardinale Legato Luigi Valenti Gonzaga ed al di sopra della tomba quattrocentesca eretta dal podestà veneto di Ravenna Bernardo Bembo, la tomba è a forma di tempietto neoclassico a pianta quadrata, coronato da una piccola cupola. Separato dalla strada da una stretta delimitazione, presenta una facciata esterna molto semplice, con una porta sovrastata dallo stemma arcivescovile del Cardinal Gonzaga, e sulla cui architrave è scritto, semplicemente e in latino: DANTIS POETAE SEPULCRUM.

All'interno la tomba vera e propria, tutta rivestita di marmi e stucchi, consiste in un sarcofago di età romana con sopra scolpita (sempre in latino) l'epigrafe commemorativa in versi (dettata da Bernardo Canaccio nel 1366):

"IURA MONARCHIE SUPEROS PHLAEGETONTA LACUSQUE / LUSTRANDO CECINI FATA VOLVERUNT QUOUSQUE SED QUIA PARS CESSIT MELIORIBUS HOSPITA CASTRIS / ACTOREMQUE SUUM PETIIT FELICIOR ASTRIS HIC CLAUDOR DANTES PATRIS EXTORRIS ABORIS / QUIA GENUIT PARVI FLORENTIA MATRIS AMORIS"

(traduzione: "I diritti della monarchia, i cieli e le acque di Flegetonte (gli Inferi) visitando cantai finché volsero i miei destini mortali. Poiché però la mia anima andò ospite in luoghi migliori, ed ancor più beata raggiunse tra le stelle il suo Creatore, qui sto racchiuso, (io) Dante, esule dalla patria terra, cui generò Firenze, madre di poco amore").


Al di sopra del sepolcro (rimasto praticamente lo stesso quattrocentesco), vi è un pregevole bassorilievo del 1483, opera di Pietro Lombardo, raffigurante Dante pensoso davanti ad un leggio. Ai piedi del sarcofago vi è una ghirlanda in bronzo donata nel 1921 dai reduci della Grande Guerra. Sul soffitto arde perennemente una lampada votiva settecentesca, alimentata da olio d'oliva dei colli toscani che è donato da Firenze ogni anno il 14 settembre (anniversario della morte del poeta). Sulla parete destra, una lapide in marmo ricorda i vari restauri della tomba, e la sua sistemazione con decorazione marmorea nel 1921. Sui pennacchi delle volte sono raffigurati Virgilio, Brunetto Latini, Cangrande della Scala e Guido Novello da Polenta.

Sull'esterno del monumento, a destra, un cancello conduce nel recinto di Braccioforte facente parte dell'attiguo Convento di San Francesco, ove si tennero i funerali di Dante ed ove il poeta fu originariamente sepolto. Attualmente, la tomba è Monumento Nazionale, ed attorno ad essa è stata istituita una zona di rispetto e di silenzio chiamata Zona dantesca. Nel 2006-07 la tomba è stata sottoposta ad accurato restauro, e la facciata è stata comlpletamente ridipinta.

La vicenda delle spoglie di Dante

Nemmeno da morto Dante poté godere di quella stabilità che aveva tanto vagheggiato negli ultimi, tormentatissimi anni di esilio. Il giorno dopo essere passato a miglior vita, il corpo del poeta fu sepolto nello stesso sarcofago in cui si trova tuttora, ma che era allora posto lungo la strada, all'esterno del Chiostro di Braccioforte sopra nominato. Poi, alla fine del XV secolo, il podestà veneto di Ravenna Bernardo Bembo spostò il sepolcro sul lato O del chiostro stesso. I fiorentini dopo pochi anni cominciarono a reclamare a Ravenna le reliquie del loro cittadino più illustre. Un "rischio" che parve diventare certezza quando sul soglio pontificio ascesero i due papi della famiglia Medici ed entrambi fiorentini, Leone X e Clemente VII.

Il primo, infatti, a seguito di una supplica caldeggiata anche da Michelangelo, concesse nel 1519 ai suoi concittadini il permesso di prelevare le ossa del poeta per portarle a Firenze: ma quando la delegazione toscana aprì il sarcofago, le ossa erano sparite. I frati francescani infatti, poco tempo prima, avevano praticato, dal retrostante chiostro, un buco nel muro e nel sarcofago per "mettere in salvo" i resti del poeta, che consideravano come uno di essi, e a nulla varranno le suppliche di restituzione. Lo stesso sarcofago fu poi spostato nello stesso chiostro e gelosamente sorvegliato: basti pensare che, quando nel 1692 fu fatta la manutenzione della tomba e la ricognizione dei resti, gli operai dovettero lavorare sorvegliati dalle guardie.

Le ossa erano state racchiuse nel 1677 in una cassetta dal priore del convento Antonio Sarti, e furono rimesse nell'urna originaria solo nel 1781, quando cioè il Morigi costruì l'attuale mausoleo che era parte integrante dell'annesso convento. Quando nel 1810 questo fu soppresso per ordine di Napoleone Bonaparte, i frati nascosero nuovamente la cassetta con le ossa, stavolta in una porta murata nell'attiguo oratorio del chiostro di Braccioforte, dove saranno scoperte casualmente nel 1865 durante i lavori di restauro per il V centenario della nascita di Dante.

Dopo una esposizione pubblica, le ossa furono rimesse, dentro due cassette separate, nel sarcofago originario dentro il tempietto, dal quale furono tolte solo tra il 23 marzo 1944 e il 19 dicembre 1945, per evitare che i bombardamenti le distruggessero; in quel periodo, vennero sepolte poco distante dal mausoleo sotto un tumulo coperto da vegetazione, e oggi contrassegnato da una lapide. A Firenze, nella (finora vana) speranza che le reliquie fossero restituite, fu eretto nel 1829, in stile anch'esso neoclassico, un grande cenotafio in Santa Croce, raffigurante il poeta seduto e pensoso, innalzato in gloria dall'Italia, mentre la Poesia piange, china sul sarcofago.

Tratto da Wikipedia

mercoledì 21 luglio 2010

Storia di una cosa. la sepoltura


SEPOLTURA

Il termine sepoltura indica l'opera di inumazione di un cadavere . È per lo più accompagnata da un rito funebre.

Il culto dei morti è coevo delle origini dell'uomo; l'accompagnare il defunto nel suo ultimo viaggio, l'atto della separazione dei vivi dal morto appartengono alla storia dell'essere umano ma il tema della “morte” è decisamente complesso ed anche se sostanzialmente identico per tutti come fenomeno biologico, varia nei diversi contesti storici ed è fortemente condizionato dalle percezioni e pressioni culturali.

La necessità dell'ultimo saluto è la medesima ma i modi, i riti, le credenze che la concretizzano cambiano in rapporto al periodo storico e alle popolazioni.

Gli antichi egizi vedevano la morte come il passaggio a un'altra esistenza, possibile però solo se il defunto disponeva di una tomba e se il corpo si manteneva pressoché intatto, da qui l'arte dell'imbalsamazione o mummificazione. Gli imbalsamatori, che univano conoscenze di anatomia umana e chimica a rituali religiosi, dovevano agire con rapidità per evitare che il cadavere iniziasse a decomporsi a causa del clima caldo dell'Egitto. Questo lavoro era affidato a specialisti che lavoravano in laboratori appositamente attrezzati, in prossimità de Nilo o di uno dei suoi canali (per i diversi lavaggi che subiva il corpo durante le diverse fasi del lavoro).

Il corpo intatto anche dopo la morte avrebbe permesso al defunto di accedere al tribunale di Osiride.

Il completamento del processo di imbalsamazione richiedeva circa 70 giorni, circostanza che permetteva anche di completare la tomba del defunto. Nel luogo di sepoltura venivano posti utensili e oggetti di vita quotidiana, alimenti compresi, affinché il morto potesse disporne nell'aldilà

L’Aspirante, simboleggiato dal defunto, per raggiungere l'aldilà, il luogo dell’Immortalità, doveva superare il giudizio del tribunale presieduto da Osiride che esercita il suo potere avvalendosi di 42 giudici in rappresentanza dei peccati.

I quarantadue Giudici dei Morti sono rappresentati seduti in una lunga fila: ognuno di essi deve essere chiamato per nome, e si deve negare il Peccato su cui egli presiede. Questo tribunale, raggiunto grazie all'aiuto di Anubi, giudica i morti pesandone il cuore sulla bilancia della giustizia della Dea Maat.

Sui piatti di questa bilancia vengono posti il cuore del morto e una piuma che simboleggia la giustizia. la Dea Maat. Gli antichi egizi pensavano che il cuore, sede di pensiero, bontà e sentimento, privo di peccati fosse più leggero di una piuma e perciò, in tale modo, il tribunale poteva giudicare il defunto. Nel caso in cui il cuore non superasse questa prova, un essere chiamato Anut lo divorare precludendo al defunto il passaggio nel regno dei morti.

Il rito dell'imbalsamazione interess

ava anche le carcasse degli animali ritenuti sacri: in diverse zone dell'Egitto sono state trovate "fosse comuni" contenenti migliaia di mummie di cani, gatti e altri animali.

GLI ETRUSCHI

Per la religione etrusca l'uomo, nell'aldilà necessita di un ambiente piccolo e familiare in cui trascorrere la vita dopo la morte, assieme agli oggetti personali che possedeva in vita: ciò spiega la cura con cui venivano costruite le necropoli e il fatto che la pittura di questo popolo sia quasi esclusivamente funeraria. Le pareti delle necropoli erano dipinte a colori vivaci (imitando, in taluni casi, la volta celeste, o scene di vita vissuta) per contrastare l'oscurità, simbolo della morte spirituale.

La tomba era quindi realizzata in modo da sembrare la casa del defunto, sia nell'architettura che negli arredi. Assieme al corpo venivano inumati anche i suoi beni più personali e preziosi, vestiti, gioielli, armi, oggetti di uso quotidiano. Sulle pareti del sepolcro erano dipinte scene dal forte significato vitale, come banchetti, giochi atletici, danze. Dal V secolo a.C. anche la concezione del mondo dei defunti risentì in modo più marcato dell'influenza della civiltà greca. Venne così a configurarsi un al di là, localizzato in un mondo sotterraneo, nel quale le anime dei defunti trasmigravano, abitato da divinità infernali e dagli spiriti di antichi eroi.

Il passaggio tra i due mondi era visto come un viaggio che il defunto compiva scortato da spiriti infernali. I più importanti di questi spiriti erano la dea Vanth dalle grandi ali che regge una torcia, il demone Charun, dal viso deforme, armato di un pesante martello, il demone Tuchulcha, dal volto di avvoltoio e dalle orecchie di asino, armato di serpenti. Il destino di ogni defunto era quindi di essere condotto in un mondo senza luce e speranza in cui il fluire del tempo era segnato dai patimenti delle anime che ricordavano i momenti felici delle loro vite terrene. Le sofferenze delle anime dei morti potevano essere alleviate dai parenti con riti offerte e sacrifici. Per personaggi particolarmente illustri doveva essere possibile, grazie a speciali cerimonie, provvedere alla beatificazione o in casi eccezionali alla deificazione.

In epoca molto primitiva, per quanto riguarda il culto dei morti con speciale riferimento alla sepoltura nella religione dei Greci, si usava la semplice inumazione . Ogni casa aveva un apposito luogo per le sepolture domestiche. Nemmeno si poteva costruire la casa senza riservare in essa un spazio ai propri defunti. Come ordinavano le leggi antiche di Cecrope per molti secoli la popolazione non aveva trascurato l'inumazione dei cadaveri. Successivamente, nei tempi del grande poeta greco Omero, coesistevano i due modi di sepoltura: inumazione e cremazione. E sembra che la cremazione dei cadaveri sia stata introdotta mentre si continuava ancora ad inumare i cadaveri.

GRECI

Nei diversi periodi della storia dei Greci la cremazione fu una conseguenza delle diverse necessita' della vita. Nella Grecia antica si attribuisce l'origine della cremazione dei cadaveri ad Ercole, quando fu costretto a cremare il cadavere del suo giovane amico Argeo per poter facilmente trasportarne le ceneri a suo padre. Nel periodo arcaico dei secc. VIII-VII a.C. prevaleva la cremazione dei cadaveri. Le urne cinerarie erano solitamente deposte sul terreno, senza alcun riparo. In Grecia, di solito le ceneri degli eroi, dei cittadini importanti e delle persone che meritavano riconoscenza dalla patria erano collocate e conservate in urne d'oro, d'argento, di bronzo o di pietre lavorate e facevano parte del tempio. La maggior parte della necropoli di Dipylon, presso Atene conteneva tali urne preziose. Con un rito apposito venivano recate al tempio di Apollo dove erano conservate perennemente ai piedi della statua. Le scoperte archeologiche testimoniano a favore della cremazione, anche praticata nei secoli IX-VIII a.C. Invece, nei secoli V e VI prevalse di nuovo l'inumazione. La legge che vietava di bruciare i bambini successivamente entro' a fa parte delle XII Tavole. In quasi tutti i paesi che usavano la cremazione vigeva comunque la regola che i bambini si dovessero sotterrare.

OGGI

Anche attualmente il rito funebre si differenzia a seconda delle coordinate sociali_culturali e geografiche:

In Madagascar esiste un forte legame tra la vita e la morte che costituisce una parte essenziale della religione e della vita sociale. Sebbene la tradizione accetti l'esistenza di un solo Dio onnipresente e onnipotente, detto Zanahary (creatore) o '"Andriamanitra" (Signore dolce, profumato), un ruolo fondamentale viene svolto dai morti che sono visti come gli intermediari tra Dio e l'umanità' e hanno il potere di influenzare la vita dei vivi.
Gli antenati (RAZANA) sono la sorgente della forza per i vivi che, se vogliono evitare problemi e sventure, non solo non li devono offendere ma soprattutto venerare.

Viaggiando per il Madagascar capita spesso di incontrare le tombe che diventano parte integrante del paesaggio e che hanno grande importanza perchè sono il primo collegamento tra vivi e morti.
Queste rispecchiano la condizione sociale che il morto aveva un tempo, sono costruite con attenzione, con alto dispendio di soldi e di energie, tanto più che una tomba pur costare più dell'abitazione in cui il defunto ha trascorso la vita.

Il legame tra vivi e morti è sottolineato da un'usanza, praticata soprattutto dai Merina e dai Betsileo, detta FAMADIHANA (riesumazione) dove il cadavere del morto (o meglio quello che né resta) viene riportato alla luce per essere riavvolto in un nuovo sudario e per essere portato in giro per potersi rendere conto direttamente dei cambiamenti avvenuti dopo la sua morte.
E' una cerimonia molto costosa a causa della gran festa che ne consegue che può durare anche diversi giorni e per gli invitati che sono numericamente tanti. Questo e' un momento di comunione col morto con l'antenato che così viene celebrato, e questo in cambio protegge la famiglia.

In Cina quel che colpisce dei funerali sono gli imponenti cortei intervallati da pause per il tè. Il lutto è in bianco; fiori e candele ornano il catafalco su cui spicca una tavoletta con la foto del defunto.

Quello che può catturare maggiormente l'attenzione in un funerale cinese è il corteo funebre. Spesso può essere lungo un chilometro. A volte anche di più, visto che oltre ai congiunti, agli amici e ai conoscenti, sono numerosi i portatori di pennoni, stendardi e insegne. Questi accompagnatori sono il più delle volte piuttosto sparpagliati. Ciascuno va per conto suo o si formano piccoli gruppetti: così il traffico non viene interrotto e chi vuole si può fermare in strada per un rinfresco, in uno dei punti di ristoro piazzati lungo il percorso.
In Cina non è lecito fare un funerale in qualunque giorno dell'anno. Bisogna attendere una data auspicabile: tali giornate vengono scelte dagli esperti di "geomanzia", una tecnica divinatoria legata soprattutto alle religioni popolari, che consiste nel ricavare pronostici da segni tracciati sulla terra o dalla posizione di luoghi rispetto agli astri. Il giorno propizio viene detto "feng-shui". Con la geomanzia si studia anche la collocazione delle dimore, non solo dei vivi, ma anche dei morti, individuando i luoghi in cui si possono catturare le energie positive. Nell'attesa del giorno prescelto, la salma viene conservata intatta nella bara. Del cibo viene posto vicino al cadavere, accanto alla sua mano destra. Il corpo mortale viene vestito di abiti nuovi. Una curiosità riguarda le scarpe: le suole infatti non devono avere mai toccato terra prima.

In India, induista per maggioranza, la cremazione totale del corpo è considerata la via per liberare l’anima: ogni anno sono circa dieci milioni le salme cremate su roghi di legna.

In America il funerale e' una sorta di malinconica festa: durante la funzione parenti e amici fanno un discorso davanti a tutti e parlano della vita e della loro amicizia con la persona di cui ne vanno celebrando la vita. Poi ci si ritrova a casa del defunto e si onora la sua memoria mangiando, bevendo e cantando.


giovedì 8 luglio 2010

Walter BENJAMIN


Walter Benjamin (Charlottenburg, 1882 - Portbou, 1940) è stato un filosofo, scrittore e critico letterario tedesco.

Nei suoi scritti sulla lettteratura barocca e del primo Romanticismo ha tracciato una teoria estetica, teologica e poltica del ricordo.
Interessante la sua tesi secondo cui lo Storicismo tenderebbe a ricordare e a tramandare solo parte del passato: sono solo i "vincitori della storia" ad ottenere visibilità, a venir ricordati e raccontati.
Secondo Benjamin è necessario invece "spazzolare la storia contropelo" preoccupandosi di salvare dall'oblio la cosidetta "memoria dei senza nome" che si compone di ciò che è passato senza lasciar segno.

La nostra cultura tende a rapportarsi alla tradizione e all'avvenire in forma dicotomica e schizofrenica, dando luogo ad una serie di polarità inconciliabili. O viene a trovarsi sbilanciata verso il passato - e dunque a proseguire nella commemorazione della tradizione fino agli esiti più disastrosi che ciò comporta (pensiamo ai fondamentalismi) - o verso il futuro, inteso come cancellazione nella forma della demolizione. Attraverso il concetto di "carattere distruttivo" W. B. insegna non solo a rapportarsi in modo nuovo con la nostra memoria, il nostro passato, la nostra tradizione, ma anche a comprendere le nozioni di passaggio, soglia, transizione.. Egli propone un concetto "positivo" di distruzione, che non comporta la cancellazione totale di ciò che prima esisteva, ma rivela la traccia di quella facoltà conservativa per eccellenza a cui diamo il nome di memoria.

Tratto da Costa Maria Teresa, Il carattere distruttivo. Walter Benjamin e il pensiero della soglia, Quodlibet studio. Discipline filosofiche 2008.


Link per approfondire la figura di Walter Benjamin: wikipedia, bibliografia, speciale Walter Benjamin

Album di fotografie


Collezione in forma di libro di singole immagini fotografiche. Solo l'immagine fotografica su carta produce quella disposizione in forma di libro che consente alle immagini di partecipare, in quanto collezione, alla memoria "praticata" del collezionista (W. Benjamin) del collezionista. [...]
L'album di fotografie viene tematizzato anzitutto come album di famiglia, come memoria privata del fotografo amatoriale. Esso a consentito per la rpima volta in una cerchia sociale borghese, di legare visivamente i ricordi a tappe della vita e della discendenza familiare. [...] L'a.d.f. è una memoria di immagini variabile, che consente scambiabilità e riorganizzazione. Nella sua funzione memorativa l'album di fotografie collega la memoria per immagini privata a quella pubblica. [...] Se la memoria culturale delle immagini, soprattutto quella del ritratto, nella tradizione delle gallerie di ritratti (viri illustres) era determinata come scelta autoritativa e tradizionale per ricordarne il modello, l'a.d.f. introduce la differenza basata sull'interesse privato.
Tratto da Pethes Nicolas, Ruchatz Jens, Dizionario della memoria e del ricordo, Bruno Mondadori, Milano 2002

mercoledì 7 luglio 2010

Pietra tombale



La pietra tombale indica il nome e le date di nascita e di morte del morto sottostante e lo tiene così legato ai contemporanei e alla parentela.
Ma soprattutto contrassegna il posto della salma in quanto "essenza": il luogo in cui un corpo (in quanto cenere, carne in decomposizione) insieme è e non è. Tale funzione indicativa del "qui riposa" fonda un tipo di MEMORIA, che evoca contemporaneamente la presenza e la assenza del defunto. Sotto questo aspetto è il pendant architettonico e semiotico dell'ambivalenza del lutto e della commemorazione dei morti dell'età moderna. Con la perdita della pietra tombale finisce per essere dimenticato in maniera definitiva e irrevocabile (damnatio memoriae).

Tratto da Nicolas Pethes, Ruchatz Jens, Dizionario della memoria e del ricordo, Bruno Mondadori, Milano 2002


Cimitero



Area delimitata per la sepoltura e la commemorazione dei morti, campo di tombe che originariamente era unito direttamente a una chiesa. In un gran numero di culture vi sono luoghi comuni, perlopiù fuori dal centro abitato, nei quali vengono posti i corpi dei defunti.
La funzione più importante del c. è la collocazione dei morti nelle tombe. Questa collocazione e identificazione dei defunti è il fondamento del culto dei morti occidentale, con poche eccezioni (sepoltura in mare, tombe militari)
Tratto da Pethes Nicolas, Ruchatz Jens, Dizionario della memoria e del ricordo, Bruno Mondadori, Milano 2002






martedì 6 luglio 2010

Francobollo

Il francobollo è un pò il simbolo del progetto "La memoria delle cose" poichè rappresenta una sorta di fermo-immagine, di pietrificazione di un oggetto, un avvenimento, una persona, un luogo che si vuole intenzionalmente trasmettere (..anche nel vero senso della parola!) ai posteri.

Il francobollo risulta quindi essere volontaria creazione di memoria.

Francobolli di diverse nazioni sono stati dedicati a regnanti, presidenti di stato, politici, pittori, personaggi storici, attori, sportivi,cantanti etc. etc. divenendo indicatori di celebrità, di fama e di popolarità.


Francobollo dedicato a Michelangelo


Francobollo dedicato a Fausto Coppi

Francobollo dedicato a Indro Montanelli Francobollo dedicato a Leonardo Da Vinci

Francobollo dedicato a Garibaldi